autart » progettiautart http://www.mybreadcrumbs.it/autart autonomia autoformazione artivismo Tue, 09 Jun 2020 20:58:01 +0000 en-US hourly 1 http://wordpress.org/?v=3.4.1 Cambrinski a Brera http://www.mybreadcrumbs.it/autart/progettiautart/cambrinski-a-brera-2/ http://www.mybreadcrumbs.it/autart/progettiautart/cambrinski-a-brera-2/#comments Thu, 30 Sep 2010 01:04:49 +0000 admin http://www.mybreadcrumbs.it/autart/?p=14617 Sacrica il Fotoromanzo in pdf Il fotoromanzo Cambrinsky a Brera nasce dalla seconda parte del laboratorio di autoformazione OPEN SOURCE e INDUSTRIA CREATIVA.]]>

Sacrica il Fotoromanzo in pdf

Il fotoromanzo Cambrinsky a Brera nasce dalla seconda parte del laboratorio di autoformazione OPEN SOURCE e INDUSTRIA CREATIVA.

Il corso non si è articolato con lezioni frontali nè con workshop ma è stato un laboratorio di indagine sviluppato con l’aiuto del collettivo Chainworkers e della rete UniversiPrecari. In questo percorso si è spinto studenti e lavoratori a raccontare della propria esperienza all’interno dell’ambito accademico. Dopo aver raccolto i racconti che vedevano protagonisti i partecipanti agli incontri, abbiamo pensato ad un oggetto che riuscisse a elaborare ironicamente e creativamente l’immaginario in cui viviamo ogni giorno. Il fotoromanzo è sembrata la forma più immediata e comunicativa attraverso la quale fosse possibile riutilizzare gli episodi narrati. Il prodotto che ne è risultato è frutto della messa in condivisone delle competenze dei diversi partecipanti al progetto ed ha portato all’elaborazioni di opere e progetti di diverso tipo come video, performance e testi.

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ThinkTank Strike Now! http://www.mybreadcrumbs.it/autart/autoformazione/video/thinktank-strike-now/ http://www.mybreadcrumbs.it/autart/autoformazione/video/thinktank-strike-now/#comments Wed, 22 Sep 2010 01:20:48 +0000 admin http://www.mybreadcrumbs.it/autart/?p=14628 Dichiarazione di Fosco Loiti Celant
sull’azione al Fuori salone dell’Università statale di Milano del 14.04.2010

Ricerca libera, saperi condivisi

Il nostro futuro non vi compete

Il 14 aprile 2010 ho promosso un’azione di pubblica votazione sulle installazioni presenti alla mostra Interni Think Tank nei chiostri dell’Università statale, uno degli eventi più attesi delle giornate del Salone del mobile.

Come in altre occasioni, la mia intenzione è stata quella di attirare l’attenzione su un importante problema sociale, in questo caso la strisciante privatizzazione a cui è sottoposto il sistema universitario italiano negli ultimi vent’anni. Di fronte allo smantellamento del welfare tradizionale e al crescente ridimensionamento del finanziamento pubblico, gli atenei stanno infatti da tempo sperimentando (seguendo le linee guida del cosiddetto “Processo di Bologna”) da un lato il ricorso al finanziamento privato, dall’altro l’aumento vertiginoso delle tasse studentesche. Insieme all’ingresso delle imprese private nell’università (che porta con sé una mentalità orientata all’interesse, alla competizione e al profitto), abbiamo quindi un’insostenibile pressione economica sugli studenti e le loro famiglie. La combinazione di questi due fattori sta producendo uno dei più massicci attacchi al diritto allo studio che si sia mai visto in Italia.

Partendo dall’esempio dell’iniziativa di Interni (una rivista del gruppo Mondadori) e della retorica sullo “sviluppo sostenibile” che caratterizza questa edizione del salone, ho voluto indicare la logica predatoria e sfruttatrice del cosiddetto “capitalismo cognitivo”, che funziona sul saccheggio delle pratiche sociali e della creatività giovanile, e che in cambio dei profitti conseguiti dalle aziende restituisce agli studenti solo disagio, precarietà e subordinazione. Ho sintetizzato questo atteggiamento nello slogan “Ricerchiamo le tue competenze, scegliamo il tuo futuro”, che riassume i metodi e gli obbiettivi dell’aziendalismo mediale (e non solo mediale). La libertà di ricerca, la condivisione dei saperi, il carattere pubblico e gratuito dell’istruzione, non possono essere separati dall’autodeterminazione dei soggetti protagonisti dei processi di conoscenza e delle pratiche sociali. Partire dai propri desideri per arrivare a recuperare le relazioni tra i singoli è un elemento fondamentale dei processi cognitivi, e si deve basare sull’utilizzo della conoscenza e dei processi comunicativi di cui tutti deteniamo i mezzi di produzione.

Come soggettività, sono consapevole che la mia esistenza e il mio lavoro dipendono dalla ricchezza delle relazioni che mi definiscono e dall’autogestione che queste relazioni mi consentono.

Io sono un artista qualunque, un essere umano qualunque, una singolarità qualunque. L’azione del 14 aprile è un altro passo verso il riaccendersi del conflitto sociale.

Fosco Loiti Celant

www.foscoloiticelant.com


il video dell’azione

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Ars Electronica @ Linz http://www.mybreadcrumbs.it/autart/progettiautart/ars-electronica-linz/ http://www.mybreadcrumbs.it/autart/progettiautart/ars-electronica-linz/#comments Thu, 03 Sep 2009 07:00:33 +0000 admin http://www.mybreadcrumbs.it/autart/?p=3057 dal 3 all'8 settembre 2009 viaggio a Linz degli studenti di Nuove Tecnologie per l'arte dell'Accademia di Brera.]]> dal 3 all’8 settembre 2009

viaggio a Linz degli studenti di Nuove Tecnologie per l’arte dell’Accademia di Brera.

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EuroMayDay 2009 http://www.mybreadcrumbs.it/autart/progettiautart/euromayday-2009/ http://www.mybreadcrumbs.it/autart/progettiautart/euromayday-2009/#comments Fri, 01 May 2009 19:18:29 +0000 admin http://www.mybreadcrumbs.it/autart/?p=14737 STORIA DI UN AMORE INARRESTABILE, UN’ONDA CHE NON SI PUÒ FERMARE

MILANO – EURO MAYDAY

Domanda. Anna Adamolo, San Precario, il vostro amore sta facendo parlare tutta l’Italia. Ma per tutti coloro che non vi conoscono, qual’è la vostra storia personale? Chi siete?
Anna Adamolo. «Io sono il ministro onda dell’istruzione. Sono “Noi la crisi non la paghiamo”, sono le studentesse e gli studenti, le precarie e i precari, le maestre e i maestri, le insegnanti e gli insegnanti, le bambine e i bambini, le mamme e i papà che a centinaia di migliaia hanno inondato in questi mesi le piazze per protestare contro i tagli e le riforme di scuola e università decise dal mio predecessore, l’ex ministro Maria Stella Gelmini. Adesso la politica la facciamo noi. La mia cerimonia di insediamento è stata accompagnare il 14 novembre 2008 l’Onda a Roma per il corteo nazionale, e da allora non ci siamo mai fermati».
San Precario. «Beh io sono, nelle leggende e non solo, santo patrono di sfrattati, poveri, sottooccupati, sfruttati, ricattati, Co.Co.Co, assunti non in regola e dipendenti a termine. Invocato contro liberismo, caporalato, infortunio senza copertura, cooperative e mobbing, vengo festeggiato di norma il 29 febbraio, anche se la mia processione vera e propria è il Primo Maggio, e si chiama EuroMayDay».

D. Appunto, San Precario è un santo eppure ha una storia d’amore, per giunta con un ministro: come sapete, la cosa sta destando grande scalpore. Ma come è nato l’amore tra di voi? Cosa c’entra la titolare del dicastero dell’istruzione con il patrono dei precari?
Anna Adamolo.
«Tutto è nato da una mia invocazione. Da studentessa ho scoperto quanto frequentemente siamo sfruttati e condannati a forme insostenibili di precariato fin dalla scuola: lavori malretribuiti, poco icuri e  insostenibilmente precari per mantenersi agli studi. All’università poi tra stage, tirocinii e varie finisco per compiere lavoro cognitivo e materiale a tutti gli effetti, eppure ancora una volta assolutamente gratis: vengo forse ripagata con forme di reddito indiretto, più alloggi, spazi e cultura libera? No, e anzi dai miei precedessori il mondo della formazione è stato costantemente falcidiato da tagli e dequalificazioni. Lo scenario era desolante: non mi restava che votarmi a un santo per risolvere velocemente la situazione, e quale è migliore in questo caso di San Precario per vegliare sul mondo della formazione?».
San Precario.
«Innanzitutto vorrei sottolineare che io sono un santo particolare, non certo di quelli morti e sepolti da affreschi nelle cattedrali: quanti santi infatti vengono come me ritratti nelle iconografie tradizionali mentre friggono patatine in un fast food?  Inoltre io sono il patrono di tutti quelli che come me sono stati investiti dalla continua precarizzazione del lavoro, attraverso leggi che hanno praticamente istituzionalizzato l’incertezza e l’incapacità di pensare a costruirsi un futuro: una situazione che scontiamo ancora di più in tempi di crisi. E gli studenti sono forse esclusi da questa categoria di persone? Sicuramente no. Anzi, le varie riforme e il processo di Bologna puntano a intensificare da un lato la dequalificazione dei saperi e dell’istruzione pubblica, e dall’altra il sistematico sfruttamento del lavoro cognitivo e materiale: tutto quello che serve insomma per trasformare questi ragazzi nei precari perfetti, rassegnati e obbedienti. Io e Anna di fronte a questo non ci arrendiamo e vogliamo portare avanti le istanze di tutti e tutte,  a maggior ragione durante questa crisi: per questo io e il ministro dell’istruzione dell’Onda ci siamo innamorati».

D. Tutti temevano questa relazione, per questo motivo è stata osteggiata da più parti. Prima d’ora nessuno ha potuto vedervi insieme, quando succederà?
Anna Adamolo e San Precario. «Nessun segreto, in realtà tutti ne parlano e tutti lo sanno: quel giorno sarà il  Primo Maggio. Invitiamo quindi tutti i precari, i cognitari e gli studenti alla Euro MayDay in Porta Tiinese, alle ore 15 per rivendicare insieme reddito e diritti. Perchè noi la crisi non la paghiamo, ma la creiamo e la sovvertiamo!».

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Top Girl Neutral Information 1.0 http://www.mybreadcrumbs.it/autart/progettiautart/top-girl-neutral-information-1-0/ http://www.mybreadcrumbs.it/autart/progettiautart/top-girl-neutral-information-1-0/#comments Mon, 20 Apr 2009 23:51:11 +0000 admin http://www.mybreadcrumbs.it/autart/?p=8527 tp

tp2
Ciao
Ti invio questa email perchè penso possa essere utile da far girare

L’obbiettivo di questa e-mail è di avvisare della presenza di un nuovo virus che attacca i browser e per questo non viene scoperto da McAfee o Norton. Se ricevete una e-mail da informazione@topgirl.it o/e una email con oggetto “solo per far riflettere” NON APRITELA!
Potrebbe bloccare il tuo programma di navigazione in internet! Ti è mai capitato che mentre controllavi l’email si aprisse Explorer o Firefox? se si, il virus potrebbe essersi installato.
Il virus si installa come un componente aggiuntivo ed è in grado di leggere i tuoi username e password e violare la tua privacy. Si collega a diversi social network come Facebook o Gmail, Hotmail e Yahoo a tuo nome e invia messaggi all’elenco dei tuoi amici.
Per controllare se anche il tuo Firefox o Explorer è contagiato:

FireFox 3.0
1)vai su Strumenti/Add on,
2)nel caso troviate nell’elenco il componente “TG neutral information 1.0″ disinstallatelo

Explorer 7.0
1)vai su Strumenti/Gestione add on/Attiva o disattiva componenti aggiuntivi
2)cerca nell’elenco “Neutral information 1.0″ e disinstallatelo.

Se non riuscite a trovarlo cercate sui motori di ricerca informazioni sul file TG.neutral1.js. A questa pagina trovi tutti i riferimenti per capire se sei già stato contagiato e come eliminarlo:
http://www.viralnetwork.info/TG_Neutral_Information_1/TG_Neutral_Information1.html

Copia e incolla questo messaggio e invialo a chiunque nella tua lista di contatti in modo che il virus possa essere fermato.

Evoluzione dell’infezione

Il virus Top Girl Neutral Information (d’ora in poi NI) ha origini antiche (risale infatti alla nascita dei mass media), e non se ne può certo attribuire l’intera responsabilità al giornale Top Girl, che ha solo contribuito a diffonderlo, chiedendo un’intervista al Ministro Onda della Pubblica Istruzione e Ricerca Anna Adamolo dopo aver pubblicato, nel mese precedente, un’inchiesta sui giovani neo-nazisti di Forza Nuova.

NI è in effetti molto subdolo, e l’infettato non si rende neppure conto di essere malato, anzi è convinto di esercitare un ruolo sociale positivo, diffondendo una mitica sostanza chiamata “informazione neutra e corretta”. NI installa infatti nel soggetto che aggredisce la pericolosissima convinzione che la cosa chiamata “informazione” abbia un’esistenza autonoma, svincolata da chi la produce e da chi ne fruisce, e che esistano modalità ottimali di produrre e consumare questa mitica sostanza in modo che essa non danneggi né l’emittente, né il destinatario, né gli eventuali soggetti dell’informazione stessa.

In effetti tutti i grandi organi di informazione, dalla carta stampata (Corriere della Sera, Repubblica) alla televisione (TG1, TG5 e via dicendo) risultano affetti da NI, nella versione “giornalista”, mentre i loro lettori e consumatori vengono colpiti da un ceppo diverso dello stesso virus, quello “consumatore di notizie”. Il risultato è che tanto il giornalista quanto il pubblico sono convinti che quel prodotto stampato o televisivo “rispecchi la realtà”.

Il caso di portatori sani è raro, ma non del tutto infrequente. Ora è possibile che anche la direzione e la redazione di Top Girl siano portatori sani del virus NI, e che abbiano solo pensato di offrire alle loro lettrici un quadro imparziale di alcune “tendenze giovanili” esistenti nella nostra società: destra e sinistra, xenofobi e tolleranti, straight e hippy. È una sciocchezza, ma può darsi che sia stata concepita e coltivata in buona fede. Però, anche se così fosse, l’effetto sul pubblico sarebbe ugualmente catastrofico.

Anna Adamolo ha ritenuto di non dover essere complice di questa operazione, e si è quindi sottratta all’intervista. Perché, se l’avesse rilasciata, molti lettori avrebbero avuto l’impressione che un gruppetto che semina violenza, razzismo, intolleranza e sessismo fra i giovani (per fortuna in misura limitata) come Forza Nuova, fosse sullo stesso piano degli studenti, precari, insegnanti e ricercatori che si riconoscono nelle azioni e nelle iniziative del Ministro Onda, anzi che sono promotori in prima persona di quelle azioni e di quelle iniziative perché ognuno di loro è Anna Adamolo.

La ricerca di una falsa oggettività, che non sa distinguere fra i diversi effetti sociali delle azioni e delle intenzioni, va spesso sotto il nome di “giornalismo di costume”. Ma l’incapacità di comprendere gli effetti sociali della comunicazione, l’illusione dell’oggettività, è proprio uno dei sintomi più chiari dell’azione del virus NI. Anna Adamolo, sottraendosi dunque a un equivoco episodio di “giornalismo di costume”, intende proprio contribuire ad arginare il diffondersi di NI.

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Fosco Loiti Celant http://www.mybreadcrumbs.it/autart/autoformazione/video/fosco-loiti-celant/ http://www.mybreadcrumbs.it/autart/autoformazione/video/fosco-loiti-celant/#comments Mon, 20 Apr 2009 00:00:32 +0000 admin http://www.mybreadcrumbs.it/autart/?p=2997 conflitto sociale. Espone principalmente negli squatt, nelle orgie, negli scontri, nei treni, nei villaggi occupati.]]> Il collettivo autart sostiene e stima il lavoro dell’artista bolognese.

Fosco Loiti Celant

è nato a Bologna il 9 febbraio 1976. Vive e lavora a Milano, Pontedera, Roma, Pesaro e Parigi. La sua produzione artistica è strettamente legata al conflitto sociale. Espone principalmente negli squatt, nelle orgie, negli scontri, nei treni, nei villaggi occupati. La sua opera Have you ever thought of it? è stata realizzata a Genova nel 2001.

azioni e interventi

MiArt Strike Now! estrazione dell’opera Have you ever thought of it?

contatti

info@foscoloiticelant.com

sito

http://www.foscoloiticelant.com/

F.L. Celant – Copyleft 2009

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MiArt Strike Now! http://www.mybreadcrumbs.it/autart/progettiautart/miart-strike-now/ http://www.mybreadcrumbs.it/autart/progettiautart/miart-strike-now/#comments Sun, 19 Apr 2009 16:00:24 +0000 admin http://www.mybreadcrumbs.it/autart/?p=3347 www.foscoloiticelant.com

foscoLoitiCelant-haveYouEverThoughtOfItDomenica 19 aprile, al MiArt di Milano, allo stand della galleria Massimo De Carlo, l’artista bolognese Fosco Loiti Celant ha organizzato l’estrazione della sua opera Have you ever thought of it?
Questa iniziativa è stata realizzata per attirare l’attenzione di tutti su ciò che lega il mercato dell’arte al mercato dell’economia in generale, e per cominciare a mettere in atto comportamenti che ci sottraggano alla dittatura di quest’ultima. In un’economia del segno come la nostra, le merci materiali (quindi anche le opere d’arte) sono solo la forma tangibile di operazioni immateriali e linguistiche.
Tutta la produzione (artistica e non) è basata su azioni, relazioni ed emozioni generate e vissute da tutti noi: tutto nella nostra vita – consumare, vestirci, fare l’amore, prendere psicofarmaci – è diventato lavoro. Anche se non lo vogliamo.
Produzione e consumo si basano su effetti involontari dei nostri comportamenti. Ma gli stessi comportamenti, se vengono rovesciati, possono inceppare, almeno temporaneamente, questo dispositivo. I partecipanti all’estrazione di domenica al MiArt hanno realizzato uno sciopero involontario, uno sciopero “umano”.
La crisi che stiamo vivendo è il risultato di un meccanismo in tilt, della difficoltà a mantenere funzionante l’appropriazione da parte di pochi di una ricchezza prodotta da tutti. Ma è dovuta anche al fatto che la maggioranza di noi continua a osservare le regole di un patto sociale che serve solo a riprodurre il funzionamento di questa macchina.

Se la crisi ci colpisce, quindi, è anche perché noi non ci sottraiamo a questo gioco. È ora di farlo. È ora di rivendicare un reddito sganciato dal lavoro salariato, è ora di praticare uno sciopero umano (e non solo economico), è ora di sottrarci ai dispositivi dell’impero e dell’economia. Io sono un artista qualunque, un essere umano qualunque, una singolarità qualunque. L’estrazione di questa opera è stata solo una prima azione, ancora timida, verso il riaccendersi del conflitto sociale.

Fosco Loiti Celant

Approfondimenti

“Comment faire?”- Tiqqun, October 2001

foscoLoitiCelant-bigliettoFronte

 

il video dell’azione

F.L. Celant – Copyleft 2009

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AUTART HA INCONTRATO GLI STUDENTI DELLA Funen Art Academy di Copenhagen: INTERVISTA A JAKOB JAKOBSEN http://www.mybreadcrumbs.it/autart/progettiautart/autart-ha-incontrato-gli-studenti-della-funen-art-academy-di-copenhagen-intervista-a-jakob-jakobsen/ http://www.mybreadcrumbs.it/autart/progettiautart/autart-ha-incontrato-gli-studenti-della-funen-art-academy-di-copenhagen-intervista-a-jakob-jakobsen/#comments Wed, 15 Apr 2009 22:48:58 +0000 admin http://www.mybreadcrumbs.it/autart/?p=9957

Nell’Aprile di quest’anno un gruppo di studenti della Funen Art Academy, un’Accademia indipendente di Copenhagen, hanno fatto un tour in Italia con l’obbiettivo di entrare in contatto con alcune realtà attiviste e underground italiane. Questo gruppo di studenti ha passato una giornata all’interno dell’Accademia di Brera accompagnato da autart. Tra i loro insegnati ad accompagnarli c’era Jakob Jakobsen, artivista danese, da tempo impegnato ad elaborare pratiche di liberazione della conoscenza artistica. Nel 2001 infatti, insieme all’artista Henriette Heise, ha fondato la Copenhagen Free University, stabilendola nel suo appartamento. Un’esperienza durata 6 anni che loro stessi hanno definito di auto-istituzionalizzazione. In questa intervista Jakob ci racconta della sua esperienza presente e passata di attivista e insegnante.

Qual è la tua esperienza come artista e attivista in Danimarca? Qual è la differenza tra il panorama danese e quello internazionale?

Jakob Jakobsen: In Danimarca ci troviamo in una situazione di contro-rivoluzione. Molti sforzi volti alla produzione di un immaginario non capitalistico sono sotto forte pressione e in molti casi sotto assalto diretto. L’attacco a Christiania e a Youth House è un buon esempio di come le strutture sociali alternative sono viste, sono considerate minacce e ci fa comprendere a quale profondità le autorità stanno cercando di escludere e eliminare le modalità di vita alternative e le idee anti-capitaliste. Ma non penso che ci sia niente di diverso nella situazione danese, ci troviamo di fronte alla stessa brutale campagna capitalista che la gente affronta in tutto il mondo. I processi di valorizzazione sono ovunque.

Sembra che l’obiettivo della tua produzione sia quello di liberarti dalla produzione capitalistica, credi possa essere possibile?

Jakob Jakobsen: Bene, non credo che sia possibile essere svincolati dalla produzione capitalistica in questo ordine sociale. Siamo tutti oggetto della valorizzazione capitalista. Il capitale sta vivendo la sua spietata vita. Ma lo interpreto come una prospettiva per la mia attività, immaginare una società senza accumulazione capitalista e senza il denaro come fattore determinante delle relazione tra le persone. Penso che la mia personale attività come artista visuale sia produrre immaginario anti-capitalista, in un certo senso in linea con la vita non-fascista di Foucault.

Hai scritto: “La precarietà ha due face: una è legata alla insicurezza e alla sofferenza e l’altra costituisce un potenziale”. Anche io penso che ci sia un potenziale. Qual è il modo per mettere in risalto questa potenzialità? Pensi che l’arte possa creare un nuovo immaginario e nuove relazioni sociali?

Jakob Jakobsen: Il potenziale a cui mi riferisco è il valore dell’autonomia – specialmente nei termini di autonomia di lavoro. Il lavoro è oggi la principale macchina di controllo e di valorizzazione che regola i nostri corpi. In particolare con il capitalismo cognitivo il lavoro sta diventando una rete integrata delle nostre vite. Essere in grado di sopravvivere al di fuori del lavoro è una potenzialità. Ma dobbiamo ricordare anche che la precarietà in generale non è una scelta ma una condizione che è imposta a tanta gente. Tuttavia io vedo una potenzialità nello sviluppare nuove forme di vita autonoma al di fuori del lavoro basata su di una economia minimale e la condivisione delle risorse. Questo è quello che intendo per lato positivo della precarietà.

Nel maggio del 2001 hai fondato con Henriette Heise la Copenhagen Free University, stabilendola nel tuo appartamento. ABZ descrive il tutto come un’attività sociale, partita con un’unica dichiarazione: “Apriamo un’università”. Poi, alla fine del 2007, hai chiuso la CFU. Che valutazione dai di questa esperienza di “auto-istituzione”?

Jakob Jakobsen: redo che le diverse esperienze di auto-istituzionalizzazione vadano viste nei contesti storici e sociali nei quali si sono sviluppate. Nel nostro caso, quando fondammo la Copenhagen Free University ci trovavamo nel contesto di un’economia in espansione – prima dell’11 settembre. Era una situazione in cui il capitalismo non era ancora stato militarizzato, come avvenne dopo l’11 settembre con la guerra al terrorismo. L’auto-istituzionalizzazione, perciò, si basava allora su un certo livello di fiducia nella possibilità di autoorganizzarsi in modo autonomo contro il capitale. Si trattava in qualche modo di una “presa del potere”, senza accettare l’usuale gerarchia fra la norma e l’alternativa. Con l’auto-istituzionalizzazione si sfidava, si “ detournava ” la norma, e le gerarchie venivano completamente rovesciate. Non ci interessava lavorare come un’istituzione alternativa, volevamo riappropriarci del potere, prendere il potere. E vai! “Tutto il potere alla Copenhagen Free University.”

Se ci ripensiamo adesso, la CFU è stata come un sogno. In effetti siamo riusciti a prendere il potere e a fondare un’istituzione capace di valorizzare la conoscenza non conformista. Eravamo interessati principalmente a indagare la costruzione della conoscenza e i processi di valorizzazione, che con lo sviluppo dell’economia della conoscenza e del capitalismo cognitivo diventavano molto più normativi. Cercavamo di comprendere a fondo altre forme di conoscenza – la conoscenza che si crea in cucina, in camera da letto, nella vita quotidiana – e usammo la CFU come uno strumento per mantenere viva e fluida la conoscenza stessa, contrastando la strumentalizzazione economica che andava montando nelle scuole, nelle università e nelle istituzioni della ricerca. Insistevamo sulla conoscenza come relazione fra le persone, come rapporto sociale, e perciò eravamo molto critici sui processi di strumentalizzazione economica. Lavoravamo però anche a una serie di progetti di ricerca tesi a valorizzare la conoscenza nascosta o repressa. Nei sei anni di vita della CFU sviluppammo cinque campi di ricerca: arte ed economia, organizzazione femminista, attivismo televisivo, evasione, e produzione della storia.

La guerra contro il terrorismo, al fondo, fu una guerra contro l’autonomia a tutti i livelli e in tutte le dimensioni. Mano a mano che le politiche repressive si ampliavano e passavano all’offensiva, gli spazi concessi all’auto-istituzionalizzazione si facevano più esigui, e presto cominciarono a scomparire del tutto. Gli spazi politici di autonomia vennero spinti sulla difensiva, e divenne sempre più difficile mantenere il potenziale politico dell’auto-istituzionalizzazione.

Cosa mi dici della tua attuale esperienza di insegnamento alla Funen Art Academy?

Jakob Jakobsen: Dopo la fine della CFU, è stato interessante per me lavorare alla Funen Art Academy. La Funen è una scuola indipendente finanziata dallo stato e dall’amministrazione comunale, ma con un consiglio d’amministrazione suo. Ed è una scuola piccola, ha solo 60 studenti. C’è una certa apertura alla sperimentazione nell’ambito dell’educazione artistica, ma non è propriamente un’auto-istituzione; si può dire che lavora un po’ ai margini del sistema ufficiale della formazione artistica.

Attualmente stiamo portando avanti lo studio in modo indipendente dal modello frutto del processo di Bologna, e stiamo progettando un piano di studi quinquennale al di fuori del sistema europeo dei crediti. Per quanto riguarda il metodo di lavoro, i nostri programmi funzionano in maniera collettiva e sono orientati verso gli studenti. Ma tanto la scuola quanto gli studenti si trovano in una posizione instabile, in seguito alla nostra decisione di lavorare al di fuori del sistema elaborato dal processo di Bologna. La marginalizzazione delle scuole e degli studenti che si trovano fuori dal sistema dei crediti è destinata a crescere, dato che il sistema verrà presto implementato praticamente nelle scuole di tutta Europa. Per contrastare questa tendenza stiamo lavorando alla costruzione di una rete di scuole d’arte indipendenti in tutto il mondo.

Mi rendo conto che è una questione enorme, ma sono interessata a sapere cosa pensi dell’esperienza dell’insegnamento intesa come una forma di attivismo.

Jakob Jakobsen: Devo fare una distinzione fra la CFU e la Funen Art Academy. Nella prima si lavorava principalmente alla ricerca e alla produzione di conoscenza. La questione della distribuzione della conoscenza non era basata su alcun metodo pedagogico, ma piuttosto sulla condivisione della conoscenza stessa. Alla Funen Art Academy c’è un’esperienza ibrida. Tanto nel modo in cui faccio lavoro collettivo, quanto negli argomenti che affronto, io faccio sempre politica. Gli studenti dell’Accademia, invece, in genere non sono affatto impegnati politicamente, ma ciò che io cerco di provocare è una consapevolezza delle implicazioni politiche dell’attività artistica. Alcuni studenti hanno una buona consapevolezza politica, e io, soprattutto in rapporto a questo gruppo, cerco di lavorare all’esterno della scuola, creando un rapporto con i contesti urbani e sociali della città nei quali la scuola è collocata.

Negli ultimi anni, in Italia, ci sono state delle esprienze di autoformazione, ma in ambienti istituzionali. Tu ritieni possibile portare avanti l’autoformazione in contesti del genere? O bisogna al tempo stesso creare un’esperienza di auto-istituzionalizzazione? Credi che l’autoformazione o l’auto-istituzionalizzazione siano il modo giusto per sfuggire a una logica produttiva nel contesto dell’economia della conoscenza?

Jakob Jakobsen: Credo che l’autoformazione sia sempre necessaria, perché le istituzioni non sono mai in grado di fornire la conoscenza sufficiente, e soprattutto non quella giusta. Anche le istituzioni “progressiste” agiscono in modo normativo, e perciò l’unica via, per le scuole, è decentralizzarsi il più possibile. Io penso che i “buoni” contesti istituzionali dovrebbero incoraggiare e facilitare l’autoformazione fra gli studenti – non come un mezzo per risparmiare soldi, ma come un mezzo per tenere viva l’istituzione. Una parte del bilancio dovrebbe essere assegnata agli studenti, in modo che questi ultimi possano gestire la progettazione di corsi, workshop e incontri. Chiedere agli studenti di assumersi questo tipo di responsabilità forse è effettivamente gravoso, ma in questo modo essi svilupperebbero le loro capacità di auto-organizzarsi e di condividere conoscenza.

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Anna Adamolo: CRITICA PRATICA DELL’IDEOLOGIA http://www.mybreadcrumbs.it/autart/progettiautart/anna-adamolo/ http://www.mybreadcrumbs.it/autart/progettiautart/anna-adamolo/#comments Fri, 12 Dec 2008 00:00:28 +0000 admin http://www.mybreadcrumbs.it/autart/?p=3017 Anna

Crisi sociale, movimenti, ideologie

L’Onda Anomala è il fenomeno sociale più importante che si sia visto in Italia negli ultimi anni. È partito dal terreno della scuola, dalle proteste contro la cosiddetta “riforma Gelmini”, ma il suo valore non appare limitato a quel campo: sembra il sintomo di un nuovo processo di mobilitazione sociale globale. Il disagio materiale, culturale e morale che parte dai problemi della scuola, comincia a riguardare problemi più vasti: quelli del lavoro, della redistribuzione della ricchezza, dello stile di vita, della democrazia e dell’uguaglianza.

Il movimento attraversa strati sociali e generazionali diversi: studenti universitari e medi (certo sinora la componente maggiore), insegnanti e genitori della scuola primaria e secondaria, docenti e ricercatori universitari precari. Quest’ultima componente dimostra che si stanno ponendo le basi per una ribellione generalizzata contro le nuove indecenti forme del lavoro nel capitalismo cosiddetto “cognitivo” o “immateriale”. Che un grande movimento del lavoro precario possa sorgere o no, in Italia e in tutto l’Occidente, è ovviamente una questione aperta. Ma almeno le basi e le premesse, con l’esplosione dell’Onda, sono state poste.

Il movimento riparte dalla scuola perché le scuole, in Occidente, sono rimaste quasi gli unici luoghi di socializzazione, in cui la gente entra in contatto reciproco al di fuori del controllo televisivo sull’immaginario. Ma si allarga perché assistiamo al fallimento di trent’anni di politiche neoliberiste, di finanziarizzazione dell’economia e di privatizzazione di tutto il privatizzabile. La forza e la furbizia del capitalismo sono grandi, ma sono grandi anche le forze che esso stesso genera, nel proprio seno, contro se stesso. Le cause che diedero avvio al Sessantotto si ripresentano insomma, dopo quarant’anni, in forma diversa ma con la stessa sostanza. E con una capacità anche maggiore, a quanto sembra, di sfuggire alle trappole dell’ideologia e di muoversi con intelligenza sui terreni dell’immaginario, del linguaggio, dell’uso delle tecnologie.

“In tantissime manifestazioni organizzate dall’estrema sinistra e dai centri sociali, così come mi ha confermato il ministro dell’Interno, ci sono dei facinorosi.” Così l’attuale premier Silvio Berlusconi commentava le prime manifestazioni contro la riforma Gelmini dell’inizio di ottobre 2008. Quello che dovrebbe più meravigliare (e far riflettere) nelle prime reazioni di quei giorni non sono tanto le spensierate dichiarazioni di intervento delle forze armate, quanto piuttosto la facilità con cui il pubblico (televisivo, ma non solo) ha spostato l’attenzione dai reali motivi che hanno portato centinaia di migliaia di persone a scendere in piazza, a una spiegazione “ideologica”, basata sull’individuazione di rassicuranti categorie in cui ingabbiare i manifestanti.

Queste definizioni hanno attecchito nell’opinione pubblica con estrema facilità, e sono diventate spesso il centro di attenzione di diversi dibattiti. Questo può stupire solo chi consideri l’ideologia come un travisamento esteriore e superficiale dei fatti, che sarebbe relativamente semplice combattere e smantellare soltanto ristabilendo una mitica verità. Le cose, ahimé, non sono così semplici. Se l’opinione pubblica cade così facilmente preda di una spiegazione grottesca e semplicistica di complessi movimenti sociali (“ci sono dei facinorosi che seminano zizzania e coltivano il malcontento”), è perché l’ideologia ha un radicamento e una forza (per usare una terminologia marxiana) strutturali, e non solo sovrastrutturali .

Ciò è stato esposto in modo più chiaro da Guy Debord già negli anni sessanta del secolo scorso: “L’ideologia è la base del pensiero di una società di classe, nel corso conflittuale della storia. I fatti ideologici non sono mai stati delle semplici chimere, ma la coscienza deformata della realtà, e in quanto tali dei fattori reali che esercitano di ritorno una reale azione deformante; a maggior ragione, la materializzazione dell’ideologia che è conseguente al successo concreto della produzione economica resasi autonoma, nella forma dello spettacolo, confonde praticamente con la realtà sociale un’ideologia che ha potuto ritagliare tutto il reale sul suo modello”. [ La società dello spettacolo , 212].

Questa capacità del capitalismo di “ritagliare il reale sul modello di una ideologia”, che Debord chiama “materializzazione dell’ideologia”, è ancora più evidente se ci mettiamo dal punto di vista della biopolitica, cioè della diretta gestione della vita da parte del potere politico, che diventa così un biopotere. All’interno di questa prospettiva la pratica di identificare diversi gruppi di persone attraverso categorie oggettivanti diventa necessaria per controllare processi produttivi e sociali. Nella sfera politica la presenza di soggettività diverse risulta inutile, per cui non ha alcuna rilevanza che a manifestare siano state le persone più diverse tra loro. Viene costruita un’utile figura trasversale che non ha niente a che vedere con le singolarità, ma è una piatta generalizzazione della folla. Che cosa vogliamo dire con questo? Che accanto, e oltre, a meccanismi economici, a strumenti politici, a strutture militari (che indubbiamente hanno un ruolo, e di primo piano), è un dispositivo linguistico che garantisce l’adesione dei cittadini ai “valori di fondo” della società. Nel presupposto (quanto mai ideologico) che il linguaggio descriva fedelmente, ricalchi, rappresenti la realtà senza alcuno scarto.

Certamente, quando la situazione si fa più tesa, quando la realtà rivendica la propria autonomia imboccando strade non previste (quando il meccanismo economico va in crisi davvero, per esempio), allora anche il dispositivo linguistico si inceppa, allora appare illusoria e infondata la pretesa che il linguaggio sia una fedele descrizione della realtà: le dichiarazioni dei politici, i giornali, le televisioni, gli articoli degli intellettuali e gli spettacoli dei comici di regime appaiono d’improvviso smorti e fuori fuoco. Si apre la possibilità di giochi linguistici difformi, di comportamenti diversi, di pratiche davvero non conformiste. Appare un’Onda Anomala, e al suo interno, come giochi di spuma, figure capaci di parlare parole diverse, di utilizzare linguaggi e tecnologie per scopi diversi da quelli per i quali erano stati concepiti. Appare, per esempio, Anna Adamolo.

Anna Adamolo: storia di una nuova identità collettiva

Anna Adamolo ha fatto la sua prima apparizione sulle pagine del social network Facebook, in cui si presentava come alternativa alla legge 133 della riforma Gelmini. Le immagini, simili a quelle di una qualsiasi campagna elettorale, ritraevano una donna sulla cinquantina con occhiali dalla montatura viola. A un primo sguardo poteva sembrare uno tra i tanti candidati politici, ma agli utenti contattati veniva fatta una richiesta particolare: “Se diventi amico di Anna Adamolo, ti chiediamo di cambiare il tuo nome, il tuo profilo o il tuo stato mettendo il suo nome e il suo logo al posto del tuo”. Parallelamente era nato un blog nel quale era possibile scaricare materiali e leggere quali fossero gli obiettivi di questa operazione. Anna Adamolo, anagramma di Onda Anomala, si proponeva come un nome collettivo attraverso cui poter raccontare la propria storia o rivendicare azioni di protesta contro i provvedimenti del Governo.

In quello stesso periodo giornali e televisioni avevano dimostrato un particolare interesse per il social network Facebook in relazione all’intervento di diversi gruppi politici su quella piattaforma. In particolare era stata rilevata la presenza di gruppi numerosi contro il decreto o contro la stessa Gelmini, e di gruppi meno folti a favore di essi. Parecchi giorni prima della comparsa di Anna Adamolo era stato creato il primo account a nome Mariastella Gelmini, uno dei tanti a nome di personaggi famosi o politici, ma il primo ad avere il nome dell’ormai famosissimo ministro.

Si può intuire che gli utenti aderenti all’account (gli “amici” nel gergo di Facebook) condividessero in maggioranza le posizioni politiche del ministro. I diversi messaggi apparivano più o meno simili a questo: “purtroppo, ancora una volta, è come ha detto il Presidente Berlusconi: gli studenti si fanno manipolare!”: gli utenti riproponevano insomma le stesse forme di categorizzazione propagandate dal governo. Era evidente come le definizioni date dall’ ideologia fossero diventate realtà per tutti i soggetti legati a quel determinato credo politico.

Anna Adamolo nasceva come risposta a quei meccanismi, si proponeva come immaginario non normalizzato in grado di esprimere le diverse soggettività al di là degli strumenti di materializzazione dell’ideologia utilizzati dal potere istituzionale ed economico. Le intenzioni del progetto si sono fatte più chiare il 14 Novembre 2008, quando “oltre trecentomila studenti, arrivati a Roma con treni e autobus da tutta Italia, si sono messi in marcia, dalla Sapienza, per il corteo nazionale lanciato dalle università in mobilitazione. L’obiettivo era stato pubblicamente annunciato da più di una settimana: accerchiare Palazzo Chigi, per gridare ‘in faccia’ al governo illegittimo lo slogan di queste settimane: ‘Non pagheremo noi la vostra crisi’”. (dal sito www.uniriot.org ).

Già nei giorni precedenti Anna Adamolo era comparsa alla stazione di Milano durante le proteste dell’onda anomala milanese per ottenere treni speciali per la manifestazione di Roma. In quell’occasione erano stati distribuiti falsi sconti per raggiungere la capitale.

Al mattino del 14 le maggiori testate giornalistiche italiane ricevevano centinaia di email molto particolari. Queste provenivano dal dominio ministeroistruzione.net ed erano impostate graficamente come un comunicato stampa ufficiale del ministero. Nel testo c’era scritto: ”Sono Anna Adamolo [...] Oggi studenti, docenti, genitori, lavoratori e cittadini occupano al mio fianco il sito del Ministero dell’Universita’ e Ricerca”. Poche ore più tardi i siti della Repubblica, dell’AGI (Agenzia Giornalistica Italiana) e di altri quotidiani titolavano: ”SCUOLA: HACKER NEL SITO DEL MINISTERO ISTRUZIONE”, riportando il link del sito “hackerato” cioè www.ministeroistruzione.net . Probabilmente era sfuggito loro il senso di un’altra frase scritta nell’email poco più sotto: “Oggi costruiamo simbolicamente su Internet un nuovo Ministero, il Ministero che vorremmo avere in Italia, in cui le voci dei precari e delle precarie, degli studenti e delle studentesse, dei professori e delle professoresse, di tutti i cittadini, vengono ascoltate”.

Non un “ministro ombra”, quindi, ma un “ministro Onda”. Naturalmente non si trattava di un’azione di defacement del sito ufficiale, ma di un’azione di hacking dei sistemi di informazione. Il sito ufficiale era stato clonato su un altro dominio scelto appositamente perché potesse essere confuso con quello ufficiale. Dopo pochi secondi di permanenza sul sito compariva un video a tutto schermo con immagini di manifestazioni dei giorni precedenti. Su un sottofondo sonoro inaspettatamente calmo una voce femminile iniziava a parlare dicendo: “Sono Anna Adamolo. Voglio portare tutte queste voci dentro questo palazzo”. Quella voce moltiplicata riportava le diverse esperienze dei manifestanti e infine affermava: “La politica adesso la facciamo noi”. Gli utenti erano poi dirottati su di un altro sito in cui ancora adesso è possibile ascoltare le telefonate e leggere le email inviate da chi sente di essere Anna Adamolo. Alcune di queste email sono state recentemente pubblicate nel libro “sono anna adamolo. Voci e racconti dall’onda anomala”, delle edizioni NdA.

Contemporaneamente all’invio delle email ai giornali era stato diffuso un messaggio in rete in cui si chiedeva agli utenti di internet di contribuire a un’azione di googlebombing linkando nel proprio sito o blog l’url www.ministeroistruzione.net con le parole “ministero dell’istruzione”. Un paio di settimane dopo l’obbiettivo venne raggiunto, e il “nuovo” sito del Ministero figurava ai primi posti nelle ricerche su Google, superando il sito ufficiale.

Nello stesso giorno della manifestazione di Roma, dichiarando una simbolica occupazione da parte dell’Onda Anomala, l’account Facebook di Mariastella Gelmini veniva modificato sostituendo al nome del Ministro quello di Anna Adamolo (prova evidente che l’account non era stato creato dalla Gelmini, ma era un fake). Questo accadeva mentre decine di ragazzi sfilavano in corteo verso Palazzo Chigi indossando degli occhiali di cartone viola scaricabili dal blog e disegnando con gli spray sui muri di Roma il logo del nuovo Ministro Onda.

Un movimento che sin dall’inizio ha rifiutato qualsiasi referente al di fuori di se stesso, colpiva così ironicamente le diverse parti politiche, e giocava con i meccanismi di rappresentanza trasformando ogni singolo soggetto delle proteste in ministro.

Nelle settimane successive le iniziative a nome Anna Adamolo si moltiplicavano. Il ministro Onda compariva in carne e ossa irrompendo sul palco del Piccolo Teatro Studio a Milano per sostituirsi al Ministro Gelmini ormai assente da qualsiasi occasione ufficiale. A Bologna distribuiva buoni sconto per il 70% su tutti i libri, validi dalle 17 alle 19 del giorno stesso nella Feltrinelli di piazza Ravegnana per promuovere sapere libero per chi produce sapere e reddito per tutte e per tutti.

In questa complessa operazione sono stati coinvolti gruppi artistici come Les Lien Invisibiles e I/o cose, e la coppia di grafici ParcoDiYellowstone. Il progetto AHA: Activism-Hacking-Artivism ha supportato l’operazione nelle sue diverse fasi, coinvolgendo direttamente diversi membri della relativa mailing-list aha@ecn.org. Inoltre fondamentali sono stati i diversi gruppi e collettivi studenteschi, primo tra tutti il collettivo Aut Art dell’Accademia di Brera, ma anche il collettivo di Scienze Politiche di Milano, il collettivo bolognese di autoformazione, Chainworkers, Diversamentestrutturati di Milano, il coordinamento degli studenti dell’Università di Ferrara, i collettivi studenteschi di Trento e molti altri. Si è trattato di una fitta rete di collaborazioni in cui sono state condivise esperienze e competenze per realizzare un progetto su scala nazionale.

Anna Adamolo fra hacking, artivismo e guerriglia linguistica

L’esperienza di Anna Adamolo rappresenta una linfa nuova all’interno del panorama dell’attivismo italiano e, allo stesso tempo, converte in azione impulsi del dissenso consolidati da decenni di pratiche hacktiviste. Anna Adamolo gioca con il linguaggio, ma anche con il concetto di identità collettiva, divenendo un’icona per chi cerca di ri-scrivere i codici del reale attraverso il détournement dei simboli. Una tradizione che in Italia nasce già negli anni novanta con il multi-individuo Luther Blissett e, dieci anni prima prima a livello internazionale, con la open-pop-star Monty Cantsin, entità plurima dell’(anti)movimento neoista. A differenza di Monty Cantsin, individualità usata come nome d’arte dagli esponenti del Neoismo, e quindi ricollegata più a determinati soggetti che a una collettività allargata, Anna Adamolo è la voce di un network. Un network di persone che coinvolge giovani studenti e ricercatori, lavoratori precari e professori, tutti coloro che vogliono essere Anna Adamolo per rendere attività concreta un’utopia politica, culturale e sociale.

La componente di networking è quindi centrale in Anna Adamolo e la sua rete si ispira a quella anonima intrecciata dai Luther Blissett, con obiettivi comunque diversi. Pur rappresentando una pluralità di individui, i Luther Blissett agivano trasversalmente a qualsiasi movimento politico, insinuandosi come virus nei bug del sistema mediatico e nelle derive delle leggende metropolitane. Anna Adamolo invece nasce all’interno del movimento dell’Onda Anomala, non ha volto ma ha tanti volti che si radicano direttamente in battaglie politiche e sociali. Volti che prendono forme molteplici, ma che lottano per un obiettivo comune. Anna Adamolo interpreta Monty Cantsin e Luther Blissett giocando con il linguaggio e con i labirinti della politica, trasformando in possibilità aperte la burocrazia dello Stato. La sua risposta è la creazione di una “intima burocrazia” (Craig J. Saper, 2001) re-interpretando creativamente gli elementi strutturali della vita quotidiana, come anni addietro hanno fatto la Mail Art e altre pratiche di avanguardia. I simboli dell’istituzione sono sovvertiti, da website ufficiali ai timbri del Ministero dell’Istruzione, per renderli qualcosa di condivisibile e creativo. Segni e marchi di una rete di soggetti che muta e che auto-deterimina le sue regole dell’agire, che vuole costruire autonomamente la sua formazione e il proprio futuro.

Anna Adamolo diventa il nodo simbolico di un movimento precario che già in passato ha inciso la sua radicalità attraverso messaggi visivi e ha trasformato la pesantezza della politica tradizionale in una spirale di ironico attivismo: San Precario, il Santo dei precari, e Serpica Naro, la stilista dell’immaginario, insegnano. Il messaggio è finalmente arrivato a una comunità di soggetti numerosi, che vanno oltre il movimento hacker, quello attivista e le pratiche di guerriglia marketing, e si apre a tutti coloro che vogliono trasformare il nostro presente. In questo senso, Anna Adamolo è stata la vera rivoluzione semiotica, perché ha cercato con successo di raggiungere anche chi, per la prima volta, ha deciso di misurarsi con le alternative possibili scendendo in piazza e agendo attivamente nella rete.

Conclusioni: per un nuovo linguaggio e una nuova politica

Sembra evidente, da quanto scritto sinora, che l’operazione Anna Adamolo sia un episodio significativo di una tendenza non nuova (fu già evidente, nel corso del Novecento, dal Dada berlinese agli slogan del Maggio 68 parigino), ma riproposta con nuova forza e nuova consapevolezza dall’Onda Anomala. La possiamo sintetizzare così: non c’è rivoluzione o cambiamento possibile su ogni piano dell’attività umana se la rivoluzione o il cambiamento non riguardano prima di tutto il linguaggio. La ragione principale di questa asserzione è stata esposta nel modo più chiaro da Giorgo Agamben: “Poiché è chiaro che lo spettacolo è il linguaggio, la stessa comunicatività è l’essere linguistico dell’uomo. Ciò significa che l’analisi marxiana va integrata nel senso che il capitalismo (…) non era rivolto solo all’espropriazione dell’attività produttiva, ma anche e soprattutto all’alienazione del linguaggio stesso, della stessa natura linguistica e comunicativa dell’uomo, di quel logos in cui un frammento di Eraclito identifica il Comune. La forma estrema di questa espropriazione del Comune è lo spettacolo, cioè la politica in cui viviamo . [Giorgio Agamben, “Glosse in margine ai Commentari sulla società dello spettacolo ”, SugarCo, Milano 1990, pp. 242-243]

La forza di Anna Adamolo, come quella di ogni nome collettivo, di ogni operazione consapevole di net art, sta nella capacità di azzerare il legame fra linguaggio e mondo operato dalla tradizione e dal potere, e di creare le condizioni per la creazione di un mondo nuovo. Ogni volta che una persona, un essere umano, si collega al sito www.ministeroistruzione.net e lascia un messaggio che inizia con “sono Anna Adamolo…”, agisce sul terreno linguistico più scivoloso possibile, ma anche su quello più potente. Gli enunciati del tipo “sono XY”, “mi chiamo XY”, sono la forma più chiara e più pericolosa dei cosiddetti “enunciati performativi”, cioè di quelle asserzioni che compiono un’azione nel momento in cui sono proferite, e che la linguistica del Novecento ha studiato con le varie teorie degli “atti linguistici” (da Wittgenstein ad Austin a Searle).

Proprio per questo le operazioni di nominazione (dall’anagrafe al battesimo) sono riservate nelle nostre società ai poteri ufficialmente costituiti, dallo stato alla chiesa. È di nuovo Agamben che chiarisce la sfida linguistica che ci propone la società dello spettacolo, la società del capitalismo globale e onnipervasivo: “Ciò che impedisce la comunicazione è la comunicabilità stessa, gli uomini sono separati da ciò che li unisce (…). Nella società spettacolare (…) il linguaggio non soltanto si costituisce in una sfera autonoma, ma nemmeno rivela più nulla di tutte le cose (…). L’età in cui stiamo vivendo è anche quella in cui diventa per la prima volta possibile per gli uomini far esperienza della loro stessa essenza linguistica – non di quello o quel contenuto di linguaggio, ma del linguaggio stesso, non di questa o quella proposizione vera, ma del fatto stesso che si parli”. [Giorgio Agamben, op. cit., pp. 245-246]

Proprio la complessità del fatto linguistico, il suo nuovo intreccio con i meccanismi economici, produttivi e mediatici, ci offre però la possibilità di operazioni di rimessa in discussione radicale dei dispositivi di dominio che il capitalismo ci fa apparire come naturali e scontati, a partire proprio da quelli linguistici. Recuperare la “facoltà di linguaggio” significa quindi in primo luogo sottrarsi all’alienazione del linguaggio che perpetua e rende possibili quei dispositivi.

Ecco perché Anna Adamolo non è solo un interessante e utile contenitore per tutte le proposte dei movimenti (dall’autoformazione nelle scuole e nelle università al reddito sociale garantito), ma è anche un tentativo di costruire un nuovo linguaggio dell’azione collettiva, della politica, a partire dal suo terreno più delicato e profondo, quello dei dispositivi di comunicazione. È un lavoro lungo e complesso, che però l’Onda Anomala (e Anna Adamolo con lei) ha già cominciato.

testo di: Tatiana Bazzichelli, Loretta Borrelli, Antonio Caronia da Digicult Febbraio 2009

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