articolo per la rivista “Sottotraccia”
Per quanto si possa detestare l’attuale condizione delle accademie italiane, valutandole come una sfera di problematiche liquidate dalla più comune considerazione “tanto sono artisti”, bisognerebbe spolverare i vecchi ammuffiti gessi ai quali viene assegnata una potenzialità culturale ed espressiva devastante, anacronistica e becera ma che racchiudono le speranze, purtroppo, di molti studenti.
1999, Bologna process, you now?
Quando tra studenti si vocifera processo di Bologna e 1999 il riferimento più diretto va alla catastrofe 3+2 e a tutte le conseguenza che ne derivano. Ma mentre tutti gli studenti europei fanno questa associazione, per gli studenti delle accademie italiane la questione è diversa, il processo di Bologna non ha solo rappresentato una modifica della struttura, bensì una grandissima illusione. Nel nostro caso si chiama riforma a costo zero e legge n°508. Il 3+2 ha dato la possibilità all’Accademia di Belle Arti di Brera, di offrirsi come “illustre accademia pilota”, terreno di sperimentazione. Il progetto ha consentito l’apertura di corsi importanti, ma ha creato una voragine precaria completamente instabile dove gli studenti ogni anno si devono confrontare con l’incertezza del proseguimento del loro percorso di studio. Una condizione che all’interno di certe istituzioni, oggi come oggi, è diventata la consuetudine.
Chi ha diretto l’Accademia fino adesso non ha perso tempo per sfruttare la situazione e fare diventare questo terreno incerto, barcollante e poco controllato, un campo di sperimentazione per il parentato. “Dividetene e abbiatene tutti” sembrava dicessero, ma è il concetto di tutti ancora sfugge. Sono le stesse persone che dividono e si dividono e che appena possono alzano la bandiera al fianco degli studenti per richiedere a gran voce il riconoscimento della nostra classe di laurea. Infatti la legge n°508 prometteva l’equiparazione del titolo di studio rilasciato dalle accademia ad un titolo universitario, ma in pieno stile italiano è stata lasciata a metà, incompleta. Attualmente siamo in possesso di un diploma accademico equipollente ad una laurea generica senza specializzazione. Solo da poco tempo, dopo 10 anni, cinque disegni di legge vengono discussi al senato per il completamento della riforma AFAM.
Una prospettiva, un futuro, una presa per il culo.
Ma le illusioni non finiscono qua, questo è solo il racconto della sfiga più accessibile, gli articolati e complessi castelli di carta sono ben più radicati, acqua è vento non li scalfiscono, le oro fondamenta sono in tutti noi in una opinione obbrobriosamente condivisa: l’artista è il punto d’arrivo, l’accademia la strada da percorrere, il quadro ed il pennello le armi per interpretare la realtà, la contemplazione lo strumento divino dato all’artista possessore di visioni altre che grazie alla sua mano apre porte verso la verità.
Niente di più falso e fuorviante, la sottile linea che divide il patetico, dall’irrecuperabile è spesso ben vestita, ben truccata e tentatrice propone fama e ricchezza. Gli studenti delle accademie carichi di nobili intenti intraprendono il loro percorso di studi certi di affrontare tematiche immortali, intoccabili, apollinee accessibili solo grazie ad una meticolosa conoscenza dei misteri dell’espressione umana, studiano così forme, concetti, processi, offrono lavoro in cambio di considerazioni, si danno in pasto alle opinioni incastrandosi così nel mercato finanziario più invisibile ed immateriale. Il tutto è ben mascherato da una etichetta, un marchio, Brera e condito da una retorica che vende un’illusione agli studenti che sognano ad occhi aperti di un prestigio senza sostanza.