Per seguire i nuovi incontri e sapere di più su quelli passati clicca qui
In questi anni il collettivito autart è cresciuto grazie a diverse pratiche prima tra tutte quella dell’autoformazione. Ma in cosa consiste? Siamo partiti da un’esigenza iniziale quella di approfondire alcune tematiche legate all’arte di cui sentivamo una carenza all’interno dell’istituzione Brera. E così adesso attraverso le assemblee e le proposte di ognuno di noi lasciamo emergere i nostri desideri, analizziamo i discorsi e decidiamo come approfondirli chiedendo anche aiuto esterno. Organizziamo lezioni, workshop, seminari, laboratori chiamateli come volete, ma la caratteristica fondamentale deve essere rispettare la specificità di un accademia d’arte, cioè unire le pratiche alla teoria.
Abbiamo pensato a qualcosa che potesse essere utile soprattutto a noi e per questo abbiamo presentato i diversi progetti formalmente per ottenere dei crediti, non per essere in qualche modo riconosciuti, ma per permettere agli studenti di mettere in atto questa pratica senza esserne svantaggiati. In queste esperienze sono emerse diverse collaborazioni che hanno portato alla realizzazione di progetti e oper-azioni. Abbiamo mantenuto sempre un atteggiamento di critica e approfondimento che ci è sembrato necessario per la sopravvivenza in questo luogo.
Appena iscritti ci accomunava l’entusiasmo di studiare in una della accademie più grandi d’Italia ma presto l’entusiasmo si è dovuto confrontare con una situazione proibitiva per gli studenti. Laboratori inadeguati e a volte fatiscenti, orari delle lezioni sovrapposte, aule sovraffollate, piani di studi che cambiavano durante l’anno e durante gli anni, lezioni inutili imposte come obbligatorie, l’inaccessibilità al materiale scolastico.
Sarebbe stato semplice mettere in campo un atteggiamento individualista che avesse tenuto conto solo dei propri bisogni a discapito degli altri, ma abbiamo capito che è proprio quello che vogliono che noi facciamo. Farci credere che esista una sorta di regola naturale che premia il merito significa dividerci e renderci deboli. Anche se chi ha una maggiore agilità a muoversi in questa confusione riesce a concludere il suo percorso, riteniamo che le difficoltà che incontriamo non diano a tutti le stesse possibilità e più che una forma di competizione positiva e costruttiva ci troviamo spesso di fronte a forme di lotta per la sopravvivenza. Questi atteggiamenti anche se ci fanno credere di ottenere qualcosa nell’immediato non possono essere utili nel lungo come nel medio periodo, possono essere, invece, controproducenti se si guarda anche solo per un istante a quello che chiamano il “nostro futuro”.
Spesso si parla di quello che sarà dopo l’accademia come qualcosa di sicuro, ma non ci rendiamo conto che stiamo già vivendo una situazione precaria e ci aspetta un futuro precario. In questi anni come studenti abbiamo visto le accademie travolte dall’idea di riforma a costo zero. Il piani didattici sono stati trasformati per introdurre materie che possano consentire un più agevole inserimento nel mondo del lavoro. Le tasse scolastiche sono state aumentate a dismisura pesando sugli studenti, così sempre più poveri. Solo da poco si sta discutendo al Senato della parificazione del nostro titolo di studio ma senza la previsione di dottorati e di ricerca.
Ci è sembrato indispensabile avviare anche all’interno delle accademia delle zone di autonomia didattica in cui gli studenti avessero il tempo di rielaborare la propria formazione e le proprie intenzioni e che queste potessero essere un’occasione per valorizzare possibili relazioni tra soggettività diverse. Vogliamo che gli studenti siano corpo, sangue, desideri e intelligenza attiva nella didattica. Vogliamo la possibilità di un sapere e una ricerca libera.