Venerdì ore 10:00 – Aula magna
@ Accademia di Belle arti di Brera via Marche 71, M3 fermata ZARA [istituto Zappa/BRERA]
secondo appuntamento del workshop di autoformazione Artivismo tecnologico
temi trattati: . politicizzazione dell’arte . facoltà di linguaggio e potenza . corporeità “messa al lavoro” .
Mauro Folci
“Quando penso alla meccanica del potere, penso alla sua forma d’esistenza capillare, al punto in cui il potere tocca il granello stesso degli individui, raggiunge il loro corpo, viene ad inserirsi nei loro gesti, i loro atteggiamenti, i loro discorsi, il loro apprendimento, la loro vita quotidiana”.
Oltre l’estetica futurista che Melfi esibisce la realtà sembra davvero un’altra, e basta prendere in considerazione l’alto tasso di turn over per rendersene conto, basta spostare il piano d’osservazione per capire come queste immagini siano testimonianza eloquente di quell’effetto mistificante che la fabbrica integrata produce attraverso un complesso sistema di comunicazione (il kanban) necessario per realizzare il just in time, ma che spingendo a “vedere all’inverso” la determinante dell’ordine, dal cliente anzichè dalla direzione, crea un effetto di occultamento dei comandi. Funziona cioè strategicamente, come emerge chiaramente dagli studi condotti sul campo da Fiocco, Commisso, Sivini (in “Melfi in time”), da forza regolatrice dei rapporti sociali e quindi ideologica. Obiettivo del resto sempre dichiarato esplicitamente dalle maestranze Fiat molto attente al problema del disciplinamento della forza lavoro e alla governabilità di fabbrica; penso al Romiti della ristrutturazione in funzione repressiva delle lotte del movimento operaio alla fine degli anni 70, e al più recente Magnabosco inneggiante al just in time come “sistema organizzativo capace di produrre i propri anticorpi”.
Per questo ritengo importante, come ho già chiarito con “Lavoro Morto” e “Effetto Kanban”, l’analisi della struttura organizzativa della fabbrica integrata perché il senso che produce trascende il caso Fiat; perché lo ritengo un mezzo efficace per leggere e capire le specificità e le dinamiche del potere e del comando nell’epoca della simulazione in cui il capitale riesce, grazie alle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione, a commutare in valore ogni aspetto e momento dell’esistenza di ognuno, della natura e della cultura a tutti i livelli della significazione. Quello che Landi sosteneva già negli anni 60 esserci una omologazione tra la produzione linguistica e la produzione di merci, oggi appare chiaro in tutta la sua dimensione – ad una dimensione – e cioè che la struttura economica, così pervasa e sorretta dalla grammatica dei segni verbali e non verbali, della forma e del simbolo, è una struttura comunicativa.
Partecipazione, flessibilità, autoattivazione, saper leggere il flusso di informazioni e saper comunicare, questi sono gli attrezzi del lavoratore ‘nuovo’, investito opportunisticamente di personalità – centrale è il passaggio da individuo/forza-lavoro a persona/lavoratore – da far credere, quasi, il processo di lavoro come libera attività ermeneutica, dove invece l’informazione e la comunicazione diventano due componenti analitiche dell’attività disciplinare.
Non a caso molti degli studi più significativi sulla produzione flessibile convergono nel privileggiare gli strumenti dell’analisi foucaultiana della genealogia sociale del potere perchè riescono a connettere la dimensione spaziale – l’effetto panottico elettronico e dei segnali strutturali che i singoli individui ricevono e assumono come indicazioni di comportamento – con quella relazionale che si basa sul contenuto della comunicazione interpersonale. (gestione delle risorse umane)
Melfi dunque perché funziona molto bene come “strumento che ingrandisce”, come metafora di quella meccanica generale di produzione e riproduzione di società capitalistica che ha fatto proprie le nuove modalità di controllo e di normalizzazione sociale che il just in time ha diffuso in tutti i settori e globalmente. (M. Folci dal sito: www.maurofolci.com)

